venerdì 24 luglio 2015

TRE


E abbiamo trascorso anche questa. Questa nostra vacanza. Certo che di cose ne abbian fatte noi tre. Parigi, la crociera, il Trentino, il mare e la montagna. Sono già due anni che affrontiamo e non ci scoraggiamo. Che ci buttiamo e viviamo. Tutto quello che c'è da vivere, tutto ciò che c'è da fare. Di paura ne abbiamo tanta. Ma così tanta che a volte ci prendiamo la mano e voi mi dite: mamma, ma tu che dici?!
Io, io vi rassicuro. O per lo meno ci provo. Ma cosa dire non lo so proprio. Perché sto imparando a vivere e a cavarmela. E lo sto facendo su di voi.
Allora penso che non vi merito...che non si sperimenta e non si rischia su dei bambini.
Ma poi vi osservo. E guardo come voi mi guardate. E allora mi dico che malgrado tutto, l'amore vi arriva. Perché senza amore non si spiegano gli occhi che avete voi.
La notte appena trascorsa l'ho passata sveglia. Nella veranda del campeggio, in un lettone, noi tre. L'ho passata a guardarvi. Il naso perfetto di vittoria, la bocca spalancata di Tommy. Vi ho guardato ed ho perso il sonno. Perché eravate troppo belli, per decidere di addormentarmi.
No. Noi non siamo una famiglia normale. Ma io vi amo. E vi amo così tanto che farò tutto, perché ogni giorno possa essere il più normale. E se di eccezionale qualcosa avrà sarà solo per il troppo amore. Niente di diverso. Niente di diverso dall'amore grande che ho.

venerdì 17 luglio 2015

L'ATTESA

L'attesa di una telefonata è donna. E non per il sostantivo che la frase porta con sè, ma perché donna è l'ansia, la sofferenza, l'agonia, la bramosia con cui una donna vive quell'attesa. Perché una donna aspetta la telefonata di Lui come un imputato aspetta il giorno della sua sentenza.
E in quegli istanti una donna passa repentinamente per ogni stato d'anima. Pensa al telefono che non squilla e già si vede impugnare una 44 magnum per vendicare i suoi diritti lesi. Poi improvvisamente pensa che quel telefono invece potrebbe squillare, e allora da omicida diventa sposa in bianco che con passo dolce e flemmatico attraversa la navata del duomo di Milano.
Perché una donna quando aspetta una telefonata, non aspetta. Nel frattempo muore.
Una donna muore.
E non importa se ha quindici, venti o quarant'anni. Ci sarà sempre un'amica che chiamerà e a cui chiederà: "che mi provi a telefonare per vedere se il cellulare mi fa!".
E non se ne vergognerà. E l'amica che conosce quello che prova, lo farà. A costo di interrompere la riunione con l'amministratore delegato della multinazionale per cui lavora.
Gli istanti che passano mentre una donna aspetta una telefonata non sono istanti, ma secoli.
Poi finalmente il trillo tanto agognato.
E a quel punto una donna dimentica tutti i suoi sentimenti e diventa una calcolatrice. Si, perché a quel punto una donna conta. Conta gli squilli prima di rispondere.
Che non possono essere meno di quattro, nè più di sei.
Mai meno di quattro perché altrimenti lui potrebbe pensare che era lì ad aspettare la sua telefonata. E non più di sei perché una donna non può correre il rischio che lui decida di riagganciare.
È il quinto squillo. Allora la donna si alza. Si aggiusta i capelli. Tira indietro la pancia e con grande nonchalance, come se stesse passando per caso da lì, pronuncia il più disinvolto dei..."PRONTO".

giovedì 16 luglio 2015

SILENZI


Ci sono silenzi che fanno un gran male. Come quelli che mettono fine ad una storia d'amore. Silenzi, che non per essere di parte, ma portano spesso nomi maschili.
Sembra vada di moda sparire, senza una telefonata, senza una chiacchierata, senza anche uno stupido messaggio. Che poi un sms costa dieci centesimi, o se ti va bene è incluso nell'offerta del mese.
Si preferisce lasciare al silenzio le parole che non riusciamo a dire. Violentando così i baci, i giorni divisi, le passeggiate mano nella mano, le promesse mancate.
Probabilmente chi sceglie il silenzio, penserà che l'altro col tempo riuscirà a capire.
Ma io mi chiedo. Cosa dovrebbe capire? Il disinteresse o la menzogna? La falsità o la mancanza di coraggio?
No. È solo una scelta vigliacca. Che costringe l'altro a porsi mille domande.
Ma che gli ho fatto?
Cosa sarà successo?
Ma perché mi fa questo?
E interpretare un silenzio fa male. Fa tanto male. Perché la delusione del sentimento disatteso, ferisce più del sentimento rifiutato.
Si riesce con ben troppa facilità a dire ti amo e poi non siamo capaci di dirci un mai più?
Ci sono parole che sanno di lealtà, di onestà, di rispetto e di sincerità.
Ci sono parole che danno ai ricordi la dolcezza che meritano.
Ci sono parole che devono essere pronunciate.
Come FINE.
Che se la sai dire sa d'amore, anche se l'amore non c'è più.

giovedì 9 luglio 2015

Io la prima volta, che iniziata la mia nuova vita a tre (io e i miei figli), nella nuova casa mi saltó la corrente, rimasi di sasso. I bambini erano già in pigiama, vista l'ora tarda, ed io pure. Quando presi in affitto quella casa non mi ero certo domandata dove fosse il contatore della luce. E non perché mi sembrava una domanda stupida, ma perché io pensavo alle tende da mettere. Ragionai per un attimo e poi l'illuminazione: probabilmente, come in tutti i condomini, si trovava al piano terra.
Presi i bambini, che non volevano saperne di restare soli e scesi.
Mi trovai di fronte una specie di mega armadio, che aperto, come per magia, presentava tutti i contatori del 12 appartamenti del condominio. Ognuno era contraddistinto dal cognome del proprietario dell'appartamento, ma in quei momenti si sa, si fatica pure a ricordare quale sia il proprio.
Pensai che quelle cose le aveva sempre fatte mio marito e che pertanto non sarei stata in grado di cavarmela. Invece, individuato il contatore, tirai su la levetta e sentimmo dalla porta dell'appartamento, rigorosamente lasciata spalancata, il riattivarsi della vita. La televisione, il Phon, la lavatrice, la lavastoviglie ed il frullatore.
Esultai. E a seguire lo fecero anche i miei bambini, che nel vedermi tanto soddisfatta, esplosero nel più sincero degli applausi.
In quel momento capii che in fondo un uomo non era necessario. Perché ero donna, con due bimbi e sapevo rimettere la luce.
Non mi mancava più nulla.