giovedì 9 luglio 2015

Io la prima volta, che iniziata la mia nuova vita a tre (io e i miei figli), nella nuova casa mi saltó la corrente, rimasi di sasso. I bambini erano già in pigiama, vista l'ora tarda, ed io pure. Quando presi in affitto quella casa non mi ero certo domandata dove fosse il contatore della luce. E non perché mi sembrava una domanda stupida, ma perché io pensavo alle tende da mettere. Ragionai per un attimo e poi l'illuminazione: probabilmente, come in tutti i condomini, si trovava al piano terra.
Presi i bambini, che non volevano saperne di restare soli e scesi.
Mi trovai di fronte una specie di mega armadio, che aperto, come per magia, presentava tutti i contatori del 12 appartamenti del condominio. Ognuno era contraddistinto dal cognome del proprietario dell'appartamento, ma in quei momenti si sa, si fatica pure a ricordare quale sia il proprio.
Pensai che quelle cose le aveva sempre fatte mio marito e che pertanto non sarei stata in grado di cavarmela. Invece, individuato il contatore, tirai su la levetta e sentimmo dalla porta dell'appartamento, rigorosamente lasciata spalancata, il riattivarsi della vita. La televisione, il Phon, la lavatrice, la lavastoviglie ed il frullatore.
Esultai. E a seguire lo fecero anche i miei bambini, che nel vedermi tanto soddisfatta, esplosero nel più sincero degli applausi.
In quel momento capii che in fondo un uomo non era necessario. Perché ero donna, con due bimbi e sapevo rimettere la luce.
Non mi mancava più nulla.

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